mercoledì 25 luglio 2012

INTERVENTO DEL FONDO DI GARANZIA ISTITUITO PER LA LIQUIDAZIONE DEL TFR E DEI CREDITI DI LAVORO DIVERSI DAL TFR IN CASO DI INSOLVENZA DEL DATORE DI LAVORO.

Possono richiedere l'intervento del Fondo tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all'Istituto del contributo che alimenta la Gestione, compresi i lavoratori con la qualifica di apprendista ed i dirigenti di aziende industriali.
Ai soci delle cooperative di lavoro tale tutela è stata riconosciuta dall’art. 24, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196. La norma ha previsto che i contributi versati al Fondo prima dell’entrata in vigore della legge conservino la loro efficacia ai fini dell’erogazione delle prestazioni; di conseguenza, ai dipendenti, potrà essere corrisposto anche il TFR maturato in periodi anteriori all’entrata in vigore della legge sopra indicata, purché risultino versati i relativi contributi. Al contrario, nel caso in cui le società cooperative non abbiano effettuato alcun versamento, ai soci lavoratori potrà essere erogata solo la quota di TFR maturata dopo il 1.7.1997.
Il Trattamento di fine rapporto, regolamentato dall'art. 2120 c.c., è quella somma che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il trattamento in parola si calcola sommando, per ogni anno, una quota pari alla retribuzione annuale diviso per 13,5 ed alla quale va aggiunta la rivalutazione  dell'importo accantonato l'anno precedente.
Il diritto al TFR matura esclusivamente al momento della cessazione del rapporto di lavoro, essendo le quote annuali meri accantonamenti contabili. Si precisa che la dichiarazione di fallimento, l’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrava, o di amministrazione straordinaria, non determinano di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro , essendo a tal fine necessario il licenziamento da parte del responsabile della procedura o le dimissioni del lavoratore stesso. Il diritto al TFR si prescrive in cinque anni (art. 2948, comma 5, c.c.) che decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Quando il diritto al TFR è riconosciuto da sentenza di condanna passata in giudicato si prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.).
Preliminarmente occorre distinguere a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle disposizioni del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare), perché diversi sono i requisiti del diritto alle prestazioni del Fondo nell’uno e nell’altro caso.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione , intervenuta sulla materia, ebbe a chiarire che il criterio distintivo tra le due categorie deve essere unicamente la condizione soggettiva di cui all’art. 1 della succitata legge, ovvero l’essere il datore di lavoro: un imprenditore commerciale oppure un piccolo imprenditore o un imprenditore agricolo.
Ora l'art. 1 della legge fallimentare così come modificato dal D.Lgs. 9.1.2006, n. 5 stabilisce che sono soggetti al fallimento ed al concordato preventivo gli imprenditori esercenti un'attività commerciale, sia in forma individuale sia in forma collettiva, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori. L’art. 2083 c.c. qualifica come piccolo imprenditore l’artigiano, il piccolo commerciante e chiunque eserciti un’attività professionale organizzata con il lavoro proprio e della propria famiglia  Tuttavia la nuova formulazione dell’art. 1 della legge fallimentare stabilisce che, in nessun caso, è piccolo imprenditore chi supera uno dei seguenti limiti quantitativi: a) investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a Euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a Euro duecentomila.