venerdì 7 giugno 2013

AZIONI VESSATORIE SUL LUOGO DI LAVORO: RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO CON OBBLIGO AL RISARCIMENTO DEL DANNO

La Corte di Cassazione in data 5 novembre 2012 emetteva una sentenza n 18927 secondo la quale anche nell’ipotesi in cui singoli episodi vessatori posti in essere dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore non fossero legati da un unico disegno persecutorio, quindi non configurassero gli estremi del mobbing, sorgerebbe la responsabilità del datore di lavoro per ogni singolo episodio.
In presenza di una serie di comportamenti lesivi della dignità psico fisica del lavoratore per i quali è stato chiesto un risarcimento di danni, anche se non sussistono i presupposti per configurare l’ipotesi del mobbing, il Giudice è tenuto a valutare se ogni  singolo comportamento configura ipotesi mortificante e lesiva della dignità del lavoratore ascrivibile alla responsabilità del datore di lavoro.
Lla Corte di Cassazione, si è ispirata al principio secondo il quale  è il dovere del datore di lavoro di tutelare il lavoratore soprattutto per quanto concerne il lato psico – fisico.
Nella decisione che si commenta si legge testualmente che ……“In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, nella disciplina del rapporto di lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, il datore di lavoro non solo è contrattualmente obbligato a prestare una particolare protezione rivolta ad assicurare l'integrità fisica e psichica del lavoratore dipendente (ai sensi dell'art. 2087 cod. civ.), ma deve altresì rispettare il generale obbligo di neminem laedere e non deve tenere comportamenti che possano cagionare danni di natura non patrimoniale, configurabili ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i suddetti diritti”.
L’intento del datore di lavoro che sottende e lega ogni atto vessatorio posto in essere nei confronti del lavoratore  rappresenta un’aggravante sicuramente valutabile a livello risarcitorio, ma questo non può esimerci da valutare la dannosità e la risarcibilità che ogni singolo atto persecutorio, anche se legato da una sorta di consequenzialità, cagiona al lavoratore  .  



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