L'AVV. MARIA ANTONIETTA SANCIPRIANI VI INVITA A COLLEGARVI CON LA PAGINA FACEBOOK ASSOCIAZIONEPENSOATE DOVE TROVERETE LE ULTIME NOTIZIE SULLE MATERIE ASSISTENZIALI E PREVIDENZIALI
QUATTRO PASSI NEL DIRITTO
venerdì 3 aprile 2020
martedì 7 agosto 2018
venerdì 8 giugno 2018
LE MAGGIORAZIONI SOCIALI
Le maggiorazioni sociali costituiscono una forma particolare di incremento delle prestazioni previdenziali in favore di soggetti economicamente svantaggiati che abbiano compiuto un'età pari almeno a 60 anni.
La particolarità consiste nell'evidenza che interessano non solo i trattamenti previdenziali ma anche i trattamenti assistenziali come in particolare l'assegno sociale e le provvidenze economiche corrisposte agli invalidi civili, i ciechi civili e i sordomuti.
La materia è disciplinata dall'articolo 1 della legge 544/1988 integrato successivamente dall'articolo 70, comma 6 della legge 388/2000 e poi dall'articolo 38,legge 448/2001 con cui il legislatore ha previsto un particolare incremento delle maggiorazioni (il cd.incremento al milione) in favore dei cd. ultra 70enni.
Le maggiorazioni sociali spettano, al ricorrere dei requisiti, a tutti i titolari di pensione, diretta (vecchiaia,pensione anticipata, assegno ordinario di invalidità o pensione di inabilità ) o ai superstiti, anche a prescindere dalla concessione dell'integrazione al trattamento minimo, a condizione che non siano superati i limiti di reddito . La richiesta di maggiorazione deve essere fatta contestualmente alla domanda di pensione o successivamente, e deve essere corredata da una dichiarazione reddituale attestante i redditi percepiti nell’anno, anche se presuntivi.
L'importo base della maggiorazione sulle pensioni per l'anno 2018 è pari a 25,83 euro al mese per coloro che hanno dai 60 ai 64 anni; di 82,64 euro per chi ha un’età che si colloca tra 65 e i 69 anni; e di 136,44€ per i pensionati con almeno 70 anni non titolari della quattordicesima 124,44€ per i titolari di quattordicesima mensilità.
Caratteristica comune delle maggiorazioni sociali è che il pensionato deve rispettare un determinato limite di reddito personale annuo pari al valore del trattamento minimo inps o, se coniugato, un doppio limite: quello relativo al reddito personale e quello relativo al reddito coniugale che non deve splafonare il valore del trattamento minimo incrementato del valore dell'assegno sociale annuo. In definitiva per come è strutturata solo i titolari di pensioni inferiori o uguali al minimo (507,42€ per il 2018) sprovvisti di altri redditi hanno diritto alla maggiorazione.
mercoledì 6 giugno 2018
INDEBITO PENSIONISTICO:COSA FARE
Spesso capita che l'Inps a seguito di una verifica sulla prestazione pensionistica previdenziale o assistenziale evidenzi l'esistenza di somme pagate e non dovute.
In questo caso esiste la possibilità di una sanatoria ma bisogna distinguere sia l'ipotesi in cui il pensionato abbia agito con dolo , vale a dire abbia con coscienza e volontà voluto omettere di comunicare all'ente erogatore i propri redditi, dall'ipotesi in cui abbia agito incolpelvolmente.
Nell'ipotesi in cui il pensionato abbia agito in assenza di dolo la legge ammette la sanatoria solo degli indebiti maturati entro il 31 dicembre 2001.
Difatti l'articolo 38, comma 7, della legge n. 448/2001, sancisce che
non si proceda al recupero delle prestazioni indebite qualora il pensionato, in assenza di dolo, sia stato titolare di un reddito personale imponibile
IRPEF (esclusi e quindi da nn considerare la casa di abitazione, i trattamenti di fine
rapporto e le relative anticipazioni, nonché le competenze arretrate
soggette a tassazione separata) per l’anno 2000 di importo pari o
inferiore a 8.263,31 euro.
Laddove,invece, avesse percepito un reddito personale imponibile IRPEF per l’anno 2000 di
importo superiore a 8.263.31 euro, non si fa luogo al recupero nei
limiti di un quarto dell’importo da riscuotere.
Il pensionato incolpevolmente incappato nella
formazione di un indebito può evitare la restituzione dei ratei maturati
prima del 2001 totalmente o parzialmente. Nessun beneficio è invece
previsto per coloro che abbiano dolosamente sottaciuto i fatti rilevanti.
Se invece il pensionato ha comunicato
tempestivamente all'Istituto di previdenza quei fatti che incidono sulla
misura del trattamento pensionistico non si formerà alcun indebito.
Se l'Inps non corregge il trattamento
previdenziale revocandolo o riducendolo a seconda degli effetti
conseguenti alla comunicazione le somme corrisposte in eccedenza non possono formare più oggetto di restituzione nei confronti dell'Istituto previdenziale e restano acquisite dal pensionato.
La normativa sopra esposta riguarda gli
indebiti previdenziali; nel caso in cui l'indebito si sia formato su
prestazioni assistenziali (es. invalidità civile) le regole sono
leggermente diverse in quanto regolate dalla materia civilistica di cui
all'articolo 2033 del codice civile: il pensionato sarà tenuto a
rifondere anche gli interessi legali maturati nel periodo a seconda
della sua buona o mala fede senza possibilità di alcuna sanatoria.
Unica
eccezione riguarda le prestazioni di invalidità civile
per la quale trova applicazione la sanatoria di cui sopra (art. 42,
comma 5, del decreto legge 30/09/2003, n. 269, convertito dalla legge n.
326/2003). La disposizione da ultimo richiamata prevede la non
ripetibilità delle somme relative a prestazioni di invalidità civile
indebitamente percepite dai soggetti privi dei requisiti reddituali
prima dell'entrata in vigore del citato decreto legge.
martedì 5 giugno 2018
RILIQUIDAZIONE PENSIONE ANZIANITA' CASSAZIONE 14 MAGGIO 2018 11169
Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito la possibilità della riliquidazione del trattamento di anzianita' al raggiungimento
dell'età di vecchiaia neutralizzando le contribuzioni acquisite nella
fase successiva al perfezionamento del requisito contributivo minimo per
la pensione di vecchiaia
(20 anni di contributi), qualora essa porti un risultato più favorevole
rispetto alla pensione liquidata considerando la contribuzione
complessivamente maturata.
Sulla scorta delle pronunce della Corte Cost. n. 428 del 1992 e 264/1994 il
pensionato ha diritto, dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, al ricalcolo della pensione di anzianita' (ora pensione anticipata) qualora porti ad un risultato più favorevole escludendo la contribuzione non utile al fine del pensionamento di vecchiaia.
In tale pronuncia è stato fissato il principio secondo il quale non è possibile estendere la neutralizzazione dei contributi oltre i limiti dell'ultimo quinquennio
antecedente la decorrenza della pensione essendo questa "una scelta
eminentemente discrezionale del legislatore, volta a contemperare le
esigenze di certezza con le ragioni di tutela dei diritti previdenziali
dei lavoratori".
giovedì 31 maggio 2018
SENTENZA STORICA: RICALCOLO PENSIONE LAVORATORE IN MOBILITA'
Sbagliano il calcolo della pensione, Inps perde causa contro 4 operai palermitani
„Il Tribunale di Palermo con una sentenza storica ha condannato l'Inps a rideterminare il trattamento pensionistico e a corrispondere
differenze per 37 mila euro in totale.
Sbagliano il calcolo della pensione, Inps perde causa contro 4 operai palermitani
Quattro operai in mobilità che hanno maturato il diritto
andare in pensione, vincono una causa contro l'Inps per la
rideterminazione della loro pensione. L'Inps, nel calcolo, aveva preso a riferimento l'indennità del periodo della mobilità, invece, secondo i
giudici il conto va fatto
sulla base della retribuzione effettiva percepita prima della mobilità.
Sbagliano il calcolo della pensione, Inps perde causa contro 4 operai palermitani
„I Giudici di merito hamnno ristabilito la corretta interpretazione della norma che ha istituito l'indennità di mobilità (articolo 3, comma 4 bis della legge 223 del 91), riconoscendo che la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione, per il lavoratore che matura il diritto ad andare in quiescienza durante un periodo di mobilità di durata superiore a un anno, è quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l’inizio del trattamento di mobilità.
„I Giudici di merito hamnno ristabilito la corretta interpretazione della norma che ha istituito l'indennità di mobilità (articolo 3, comma 4 bis della legge 223 del 91), riconoscendo che la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione, per il lavoratore che matura il diritto ad andare in quiescienza durante un periodo di mobilità di durata superiore a un anno, è quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l’inizio del trattamento di mobilità.
Sbagliano il calcolo della pensione, Inps perde causa contro 4 operai palermitaniSempre secondo la norma, nei casi in cui nell'anno solare non
risultino retribuzioni, si fa riferimento all'anno immediatamente
precedente nel quale risulti percepita una retribuzioni per un periodo
continuativo di lavoro. Se andando indietro ci sono periodi di cig, si
procede ancora a ritroso nel tempo. Le retribuzioni accreditate
figurativamente dovranno inoltre essere rivalutate anno per anno anche
in base agli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del
settore di appartenenza, rilevati dall'Istat.“
Iscriviti a:
Post (Atom)