TIZIA, moglie divorziata di CAIO, deceduto , agiva in
giudizio nei confronti di MEVIA, moglie superstite, per
ottenere il riconoscimento del proprio diritto ad una quota della
pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto, traenti
origine dal rapporto di lavoro di CAIO.
Il Tribunale in primo grado, determinava la quota spettante al coniuge divorziato della
pensione di reversibilità nella misura del 70% e quella spettante al
coniuge superstite nella misura del 30%, sulla base della maggior durata
del primo matrimonio, rispetto a
quella del secondo matrimonio; rigettava la domanda di Tizia diretta ad
ottenere da Mevia la restituzione delle somme relative alla pensione di
reversibilità percepite in misura superiore a quella spettante alla
moglie superstite; riconosceva il diritto di Tizia ad una quota del
trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge nella misura del 40%
dell'indennità totale corrisposta a Caio, e condannava la Mevia, al pagamento della
predetta quota .
Avverso la sentenza di primo grado Mevia proponeva appello.
La
Corte d'appello,
respingeva l'appello .
Mevia ricorreva per cassazione che in accoglimento del solo
secondo motivo di ricorso, cassava la decisione impugnata rinviando alla
Corte d'appello in diversa composizione, per l'applicazione del
principio di diritto enunciato e per la disciplina delle spese
processuali, incluse quelle pertinenti al giudizio di cassazione.
Il
giudizio veniva riassunto e la Corte d'appello, determinava nella percentuale del 60% del totale la quota
della pensione di reversibilità derivante dall'attività lavorativa
prestata dal defunto da attribuire alla moglie divorziata Tizia, e
nel 40% la quota della medesima pensione da attribuire alla moglie
superstite Mevia.
Nello
specifico, la Corte del merito, premesso il principio di diritto
enunciato dalla Corte di cassazione, ha ritenuto di dovere procedere al
complessivo riesame degli elementi correttivi del criterio meramente
temporale della durata dei matrimoni, al fine dell'equa ripartizione
della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge
superstite.
Tanto premesso, la Corte del merito ha rilevato
che le prove documentali legittimamente acquisite nel corso del giudizio
di merito consentivano di ritenere provate le seguenti circostanze: la
durata molto modesta dell'effettiva convivenza tra Tizia e Caio; la relazione
affettiva tra il Mevia e Caio, documentata ; l'attribuzione a Tizia, con la predetta sentenza di
scioglimento del matrimonio, dell'assegno di divorzio ; le diverse condizioni reddituali della moglie
divorziata rispetto a quella superstite, essendo Tizia sprovvista di
redditi propri e Mevi, . titolare di propria
pensione ed inoltre proprietaria di alcuni beni immobili.
Valutato
quindi, con la doverosa ponderazione, insieme alla durata legale dei
due matrimoni, anche il tempo dell'effettiva convivenza i Tizia con Caio, di fatto inferiore a quello della relazione affettiva dello stesso
Caio. con la Mevia.; valutato l'assegno di divorzio riconosciuto a Tizia ed il
divario economico esistente tra le due mogli a favore della prima, priva
di redditi autonomi, la Corte del merito ha temperato il criterio della
durata legale dei due matrimoni con i parametri costituiti dalla
maggiore durata dell'effettiva convivenza con la Mevia e dell'entità
dell'assegno divorzile, ed ha ritenuto equo attribuire alla moglie
divorziata, priva di redditi propri anche in precarie condizioni di
salute, una quota pari al 60% della pensione di reversibilità ed alla
moglie superstite, la quota del 40% della medesima pensione.
Ricorre avverso detta pronuncia Mevia, sulla base di quattro motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia "infedele esecuzione da
parte del giudice di rinvio del principio di diritto enunciato dalla
S.C. con la pronuncia di annullamento ed omessa pronuncia su un punto
decisivo della controversia- Violazione dell'art. 384 c.p.c. in
relazione all'art.9 l. 898/70(art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.)" Secondo la
ricorrente, il Giudice del rinvio ha solo operato il parziale riesame
delle prove documentali; la Suprema Corte aveva affermato la rilevanza
dell'ammontare dell'assegno goduto dal coniuge divorziato prima del
decesso e dell'esistenza del periodo di convivenza prematrimoniale,
ritenendo assorbite le censure sulla statuita inammissibilità delle
prove; la Corte del merito è tornata a fondare la decisione sugli stessi
elementi già considerati dalla sentenza annullata, mentre avrebbe
dovuto considerare la proporzione esistente tra lo stipendio di Caio ,
e l'assegno divorzile di Tizia., priva
di altre fonti di reddito, e, in secondo luogo, i diversi tenori di vita
goduti dalle parti prima del decesso, che
aveva costituito con la Mevia una comunione materiale oltre che spirituale;
avrebbe dovuto altresì verificare l'esatto ammontare della pensione di Caio alla data delle nozze con la Mevia, accertare il tenore di vita goduto
da dette parti, e quindi determinare la percentuale della pensione di
reversibilità spettante a Tizia, in ragione dei caratteri solidaristici
della pensione stessa, dei principi di uguaglianza sostanziale e
solidarietà sociale, di quanto statuito dalla Corte cost. con la
sentenza 419/99 e dell'intento del legislatore, di cui alla L. 898/1970.
La
Corte, nell'accogliere il secondo motivo del
ricorso di Mevia , respinti gli altri, ha enunciato il principio di
diritto, al quale avrebbe dovuto attenersi il Giudice del rinvio,
richiamando la propria precedente giurisprudenza in relazione alla
ripartizione del trattamento di reversibilità in caso di concorso tra il
coniuge superstite ed il coniuge divorziato, aventi entrambi i
requisiti per la relativa pensione, e specificamente indicando che tale
ripartizione "deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio
della durata del rapporto matrimoniale (ossia del dato numerico
rappresentato dalla proporzione fra le estensioni temporali dei rapporti
matrimoniali degli stessi coniugi con l'ex coniuge deceduto) anche
ponderando ulteriori elementi, correlati alle finalità che presiedono al
diritto di reversibilità, da utilizzare eventualmente quali correttivi
del criterio temporale; fra tali elementi, da individuarsi nell'ambito
della l. n. 898 del 1970, art.5, specifico rilievo assumono l'ammontare
dell'assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso dell'ex
coniuge, nonché le condizioni dei soggetti coinvolti nella vicenda, e in
quest'ottica, e al solo fine di evitare che l'ex coniuge sia privato
dei mezzi indispensabili per mantenere il tenore di vita che gli avrebbe
dovuto assicurare nel tempo l'assegno di divorzio, ed il secondo
coniuge il tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita,
anche l'esistenza di un periodo di convivenza prematrimoniale del
secondo coniuge potrà essere considerata dal Giudice del merito quale
elemento da apprezzare per una più compiuta valutazione delle
situazioni”.
Il S.C. ha pertanto annullato la sentenza della
Corte d'appello per non essersi uniformata a detto principio .