Tizio citava in giudizio alcuni medici di un ospedale a
seguito del decesso della moglie Caia, dovuto ad una grave patologia
neoplastica, sostenendo che, per fatto e colpa dei
dipendenti o collaboratori della struttura sanitaria, Caia era stata
vittima di un erroneo trattamento terapeutico. Nello specifico, i
chirurghi, riscontrato il tumore ovario di cui era affetta la vittima,
si sarebbero limitati al solo ovaio colpito dalla neoplasia, senza
asportare anche l'altro ovaio e l'utero, decisione che, a detta della
difesa attrice, aveva comportato la perdita di chance di sopravvivenza e/o l'accelerazione del decesso di Caia. In entrambi i due primi gradi di
giudizio, tuttavia, le istanze di Tizio venivano rigettate,
escludendosi che la condotta dei sanitari potesse essere, nella
fattispecie, ascritta a concausa della morte di Caia. Analoga sorte
per ciò che attiene la domanda di risarcimento del danno da perdita di
chance. Tizio ricorreva in Cassazione per ottenere la cassazione del capo di sentenza che aveva
rigettato la domanda di risarcimento di tale voce di danno.
Con un primo motivo di riscorso Tizio censurava la
sentenza della Corte di appello per "mancata pronuncia su un punto
essenziale" e facendo riferimento alla giurisprudenza di legittimità in
tema di perdita di chance, sosteneva che i giudici del merito avrebbero
dovuto riconoscere la tutela patrimoniale rispetto al diritto a
mantenere intatte le proprie chances di sopravvivenza, diverso da quello
della vita o dell'integrità fisica. Tizio, in particolare,
evidenziava come si sarebbe dovuta riconoscere, nel caso di specie, la
tutela ad “un bene intermedio”, quale il diritto a mantenere integre le
proprie chances, che presuppone il riconoscimento dell'autonomia della
chance rispetto al risultato utile prefigurato.
Ebbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza
impugnata e rinviando alla Corte territoriale in diversa composizione.
In particolare, la Terza Sezione ha aderito all’impostazione difensiva
in virtù della quale riconoscere il diritto del malato a mantenere
integre le proprie chances di sopravvivenza equivale a presupporre il
riconoscimento della tutela ad un “bene intermedio” diverso da
quello della vita e da quello della salute: il che determina l’autonomia
della chance rispetto al risultato utile prefigurato.
Pertanto alla luce di detta interpretazione, se ne deduce:
a) in tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché
abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico,
che normalmente sia da praticare per evitare che l’esito definitivo del
processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e
risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal
paziente la chance di conservare, durante quel decorso, una migliore
qualità della vita nonché la chance di vivere alcune settimane od alcuni
mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti;
b) dà luogo a danno risarcibile l’errata esecuzione di un intervento
chirurgico praticabile per rallentare l’esito certamente infausto di
una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della
chance di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi
effettivamente vissuto. In tale eventualità, le possibilità di
sopravvivenza, misurate in astratto secondo criteri percentuali,
rilevano ai fini della liquidazione equitativa del danno, che dovrà
altresì tenere conto dello scarto temporale tra la durata della
sopravvivenza effettiva e quella della sopravvivenza possibile in caso
di intervento chirurgico corretto.
La chance perduta veniva
inizialmente definita come la concreta ed effettiva occasione favorevole di
conseguire un determinato bene o risultato, e non una mera aspettativa
di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed
economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita,
o meglio la perdita della possibilità di conseguire un risultato utile,
era considerata tale da configurare un danno concreto ed attuale.
La Suprema Corte ha in seguito ulteriormente precisato, con la pronuncia 21619/2007,
che quando i criteri di accertamento causale danno esito negativo si
può ricorrere alla causalità da perdita di chance, attestata tout court
sul versante della mera possibilità di conseguimento di un diverso
risultato terapeutico, da intendersi, rettamente, non come mancato
conseguimento di un risultato soltanto possibile, bensì come sacrificio
della possibilità di conseguirlo, inteso tale aspettativa come “bene”, come diritto attuale, autonomo e
diverso rispetto a quello alla salute.
Il danno da perdita di chance conseguente ad errore medico è
stato inquadrato dalle Sezioni Unite della Cassazione riconducendo il danno alla persona nelle due categorie del
danno patrimoniale e del danno non patrimoniale .
Atteso che la giurisprudenza ha confermato la risarcibilità
del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, si può ritenere che il danno da perdita di chance di guarigione o di
sopravvivenza conseguente ad errore medico possa assumere valenza anche sotto il profilo, appunto, non
patrimoniale (ricordiamo la natura obbligatoria del contratto di spedalità tra paziente e medico).
Conseguentemente, sarà possibile configurare una perdita di chance ogni
qual volta il comportamento negligente, imprudente o imperito del
medico, comporti un aggravamento o una mancata guarigione del
paziente, che abbia comportato:
a) la perdita, per la vittima, di concrete possibilità di lavoro o miglioramenti economici (con conseguente danno c.d. da perdita di chance patrimoniale);
b) la compromissione di attività realizzatrici dell’individuo attraverso la violazione di diritti ed interessi protetti dalla Costituzione o da specifiche norme di legge (con conseguente danno da perdita di chance non patrimoniale).
b) la compromissione di attività realizzatrici dell’individuo attraverso la violazione di diritti ed interessi protetti dalla Costituzione o da specifiche norme di legge (con conseguente danno da perdita di chance non patrimoniale).
La peculiarità di tale danno consisterà, pur sempre, nella possibilità
di risarcire un danno futuro ed incerto, ma probabile, indipendentemente
dall’avverarsi del pregiudizio, costituendo oggetto del risarcimento la
chance perduta e non il danno effettivo.
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